Michele Barbi
Michele Barbi
di Piero Balletti
in "Storie della Sambuca", 2001
"Filologo (Sambuca Pistoiese, 1867 - Firenze, 1941). Ebbe la cattedra di letteratura italiana all'Università di Messina.. Nel 1923 passò al Magistero di Firenze, dove insegnò fino al suo collocamento a riposo.
Diresse l'edizione nazionale delle opere di Dante. Dotato di una profonda, viva e sensibile erudizione, filologo estremamente attento alla realtà storica ed individuale della parola poetica, il Barbi si è esercitato soprattutto nell'esame dei problemi di filologia testuale connessi con l'opera di Dante... inoltre sul Boccaccio e sul Sacchetti e sulla poesia popolare italiana.." (1)
Nel settembre del 1987 il Comune di Sambuca Pistoiese, con la collaborazione di vari enti, ricordò il suo più grande figlio nel centoventesimo anno dalla sua nascita.
Nella prolusione Francesco Mazzoni, dopo aver illustrato la sua grandezza di studioso, la sua generosa probità intellettuale, l'assoluta dedizione al lavoro, ne diede una viva descrizione: "Fu di fisico gracile, ma asciutto e vibrante, di ceppo montanino.
Al primo incontro, dopo il sorriso un po' scettico, più spesso ironicamente tagliente che dolce, sopra il candido pizzetto (non a caso il Pascoli l'apostrafava affettuosamente "barbettino") quello che più ti colpiva era lo sguardo acuto ed arguto, mobilissimo e penetrante.." (2)
In un suo scritto Maurizio Ferrari propone un inedito sonetto (3) che Barbi compose nel suo eremo di Taviano "da cui traspaiono .. sofferenza e amara solitudine, ma anche polemica risentita contro arrivisti della cultura e dantisti improvvisati, che definisce apertamente gente turpe e barattieri". In questa composizione il grande filologo esprime l'affetto per la sua terra natale la "dolce Taviano", posta in una valle stretta fra ripide balze, che permette la vista di una striscia di cielo soltanto, nella quale, se solo raramente si riesce ad intravedere il sole, si staglia però il poggio della Sambuca. Terra aspra, severa, ma qui il maestro ritrova il suo nido e la sua serenità: "libera la mente va lontano e fra i ricordi s'abbandona ed erra".
Dal turbin della vita e da la guerra
che combatte ogni dì il mio cor invano
Vengo per pace a te, dolce Taviano,
che perla se' de la natal mia terra.
In valle angusta breve ciel mi serra,
incombe il poggio, e scarso al fiume è il piano;
ma libera la mente va lontano
e fra i ricordi s'abbandona ed erra.
Ahi come breve fu la gioia, e forte
l'ansia del cor segreta! Or verso sera
Vedo splendere il sol, ma per altrui.
Dante a conforto mi serbò la sorte,
ma sorge turpe gente e barattieri
a far crudele strazio anche di lui.
1. da Enciclopedia Italiana, alla voce Barbi.
2. F. Mazzoni, Michele Barbi filologo, in "Farestoria" 1-2/1988
3. M. Ferrari, Michele Barbi e il suo tempo, in "Farestoria" 1-2/1988 MICHELE BARBI
note biografiche a cura delle Dott.sse Manuela Grillo e Tiziana Calvitti tratte da un progetto Finanziato sul PISL Provinciale "Montagna Pistoiese"
DOCUP Ob2 R.T. 2000-2006 Misura 2.2 Azione 2.2.1
Intervento "Parco Culturale (Le parole della tradizioni) - Sambuca Pistoiese" - Valorizzazione della personalità di Michele Barbi.
Entro il 31 luglio 2006 sarà realizzata una pubblicazione sui risultati ottenuti a seguito di un censimento delle opere a stampa di Michele Barbi conservate nella Biblioteca Forteguerriana, alla localizzazione degli altri nuclei documentari afferenti all'opera Barbi e alla descrizione sommaria dei canti popolari trascritti da Barbi conservati in Biblioteca
1867
Nacque il 19 febbraio a Taviano, frazione di Sambuca Pistoiese, dodicesimo figlio di Francesco, possidente del luogo, e di Caterina Borri. La famiglia apparteneva all'alta borghesia agiata di montagna; tra i suoi parenti prossimi si annoverano notai, avvocati e fornitori ufficiali dell'Esercito italiano della Real Casa Savoia. B. compì gli studi secondari al Liceo Forteguerri di Pistoia, ove Giovanni Procacci (letterato, poeta e prosatore, figura di rilievo nel panorama della narrativa toscana ottocentesca) lo avviò agli studi intuendone le capacità; infatti B., contrariamente a ciò che poteva suggerire la sua esile figura, disponeva di una grandissima forza di volontà e fin da giovane coltivò la passione per la lettura.
1888
Pubblicò il suo primo articolo su «Archivio per le tradizioni popolari», attorno ai Maggi pistoiesi, tradizionale festa dell'Appennino tosco-emiliano con la quale si festeggiava l'arrivo della primavera, avviando quello che sarà un importante filone di ricerca, ossia gli studi sulla poesia e sulla canzone popolare italiana.
1889
Entrato nella Scuola Normale Superiore di Pisa, si laureò con il professore di Letteratura italiana Alessandro D'Ancona (senatore del regno e giornalista), sotto la guida del quale aveva intrapreso gli studi danteschi, con una tesi di laurea dal titolo La fortuna di Dante nel secolo XVI che verrà pubblicata nell'anno successivo a Pisa per i tipi dell'editore Nistri. Proprio come critico dantesco il B. è passato alla storia della letteratura, giudicato unanimamente il padre dei moderni studi filologici danteschi e uno dei migliori interpreti della Divina Commedia. A conferma si riportano le parole del grande critico letterario Luigi Russo: «Solo un ideale contemporaneo del Trecento, conoscitore dei costumi e della lingua dell'epoca, poteva riuscire a delineare in una sintesi organica una ricostruzione storica così aderente, e solo uno studioso di fine e solida cultura umanistica, poteva scriverla in una prosa costantemente adeguata al soggetto».
Nello stesso anno intraprese la carriera di insegnante nelle scuole medie e conseguì una borsa di perfezionamento presso l'Istituto di Studi superiori a Firenze.
1890
B. ricevette la direzione del «Bullettino», l'organo di stampa ufficiale della Società Dantesca Italiana e rivista in cui si inserivano scritti concernenti le ricerche e le notizie di fatti relativi alla vita e alle opere di Dante. La Società Dantesca, nata nel luglio del 1888, aveva lo scopo di promuovere tutte le manifestazioni, le iniziative e le pubblicazioni che servissero a tenere vivo il culto del sommo poeta.
1891
B. fu subito chiamato dai suoi maestri fiorentini, Bortoli e Rajna, a collaborare con la Società Dantesca Italiana appena fondata. Incaricato di stendere un organico piano di lavoro per un'edizione critica di tutte le opere di Dante e redigerne una bibliografia ragionata per il «Bullettino»; gli venne anche assegnato il compito di un'edizione critica della Vita Nuova e delle Rime e per questo dispensato dall'insegnamento, poi trasferito nell'ambiente professionale delle biblioteche.
Diede alle stampe l'opuscolo Per il testo della Divina Commedia, in cui assunse per la prima volta delle posizioni autonome rispetto ai suoi maestri. Avviò le ricerche sui manoscritti del poema, che portarono alla meditata scelta di quattrocento punti discriminanti (il cosiddetto canone) che avrebbe consentito alla Società Dantesca, con la collaborazione di volenterosi, un primo razionale inquadramento ed uno sfoltimento della vastissima tradizione.
1893
Fu sottobibliotecario alla Biblioteca Medicea Laurenziana.
Già direttore del «Bullettino», assunse il ruolo di moderatore della critica dantesca in Italia e all'estero.
1894
Divenne segretario della Società Dantesca e al contempo bibliotecario della Biblioteca Medicea Laurenziana.
1895
Assunse l'incarico di conservatore dei manoscritti nella Biblioteca Nazionale centrale di Firenze.
1896
Intraprese la carriera universitaria come professore incaricato di Storia della letteratura italiana nell'Università di Pisa, proseguendo tale professione per circa quaranta anni.
1901
Si trasferì a Messina, dove gli venne assegnata la cattedra di letteratura italiana, che mantenne fino al 1923.
1906
Lasciò la direzione del «Bullettino» per dedicarsi, con la sua tenace volontà di concretezza e la rara capacità organizzativa, all'edizione nazionale delle opere di Dante.
1907
Maturarono i frutti del suo lavoro decennale di editore critico attraverso la pubblicazione della magistrale edizione critica della Vita Nuova, modello per le future generazioni di filologi.
1909
A conferma della rilevanza assunta da B. nel contesto culturale e letterario, giunse da parte dell'Accademia della Crusca (accademia di antiche tradizioni destinata allo studio e alla conservazione della lingua italiana) la nomina di socio accademico corrispondente, nomina riservata ad eminenti personalità non residenti in Firenze.
1914
Gli venne assegnato dall'Accademia dei Lincei (fondata a Roma nel 1603 con l'intento di promuovere il rinnovamento scientifico in tutti i settori della conoscenza) il Premio Reale per la Filologia.
1915
Vide la luce il volume Studi sul Canzoniere di Dante, preparatorio dell'edizione delle Rime, dove il B., esplorando la trasmissione del Canzoniere dantesco, disegnò la storia della tradizione dell'antica lirica italiana.
A margine della sua celebre attività di filologo e storico della letteratura italiana, si collocava il suo impegno civile che, durante il periodo bellico, si concretizzò nella mediazione tra le famiglie sambucane in ansia per i loro cari e il fronte; organizzò inoltre con successo una raccolta di fondi per la Croce Rossa, fondi destinati alla cura dei malati di guerra.
1920
Fondò e diresse «Studi danteschi», che di fatto sarebbero diventati, cessato nel 1923 il «Bullettino», l'organo ufficiale della Società Dantesca Italiana.
1921
La sua crescente autorevolezza gli procurò l'elezione a socio corrispondente per l'Accademia dei Lincei e la vittoria del premio Salvatore Besso della rivista «Casa di Dante in Roma».
Grazie alla sua tenacia e a quella dei suoi collaboratori, tra mille difficoltà, durante la Prima Guerra mondiale, venne edito sotto la sua direzione scientifica il volume complessivo dell'edizione nazionale delle opere dantesche, sotto gli auspici della Società Dantesca Italiana.
1923
Divenne membro della Giunta esecutiva per i testi italiani dell'Accademia della Crusca. Ottenuto il trasferimento a Firenze, assunse il ruolo di professore ordinario di Letteratura italiana all'Istituto superiore di Magistero.
1927
Nonostante la predilezione per la filologia dantesca, l'opera di B. fu costellata da altri campi di indagine: stese un piano per l'edizione nazionale delle opere di Foscolo e, solo per citarne alcuni, di questi anni e dei successivi sono gli studi sui testi di Boccaccio, Sacchetti, Guicciardini, Foscolo e Manzoni. L'allargamento e la ripresa di temi e ricerche erano comunque in gran parte dovuti all'incarico di direttore della Giunta esecutiva per i testi italiani dell'Accademia della Crusca.
1928
Da socio corrispondente passò alla carica di socio nazionale dell'Accademia nazionale dei Lincei, accademico su designazione della Facoltà di Lettere e filosofia.
1929
Tema che lo appassionò fin da giovane, catturando la sua attenzione di studioso post-romantico e positivista e che divenne materia della sua nuova filologia, fu lo studio della poesia popolare, al quale egli si dedicò fin dal 1887, dando vita alla monumentale Raccolta di canti popolari, in dieci volumi, importante opera sulla poesia e la canzone popolare italiana.
1931
Nell'articolo Come si pubblicano i nostri classici, uscito sulla rivista «Pegaso», B. illustrò il suo atteggiamento di editore e filologo in grado di rivedere e rinnovare prospettive critiche e problemi di edizione, apportare correzioni testuali, effettuare brillanti valutazioni sulle varianti di autore, ecc.
1932
Le ricerche e gli approfondimenti realizzati nell'ultimo ventennio sfociarono in una nuova edizione critica della Vita Nuova.
1933
Pubblicò il volume complessivo Dante: Vita Opera Fortuna.
1934
Insieme al saggio Sulle fonti della vita di S. Francesco, venne dato alle stampe il primo dei due volumi Problemi di critica dantesca (I serie. 1893-1918), compendio degli articoli raccolti fin dal 1920 dal «Bullettino» e dagli «Studi danteschi». In questo volume e nel successivo, edito nel 1941, il B. chiarì numerosi punti oscuri della biografia del sommo poeta, affrontò controverse questioni di storia fiorentina, studiò la cronologia delle opere dantesche, chiarendone l'interpretazione; complessivamente tese ad una definizione del pensiero filosofico di Dante, colto nella cultura medievale, attraverso un'attenta opera di ricostruzione totale e filologica.
Iniziò inoltre a lavorare ad un progetto per una nuova edizione commentata dell'Alighieri in dodici volumi, che affiancasse e completasse l'attesa edizione critica maggiore della Società Dantesca Italiana.
1935
Ricevette il Premio Mussolini per le Lettere dell'Accademia d'Italia (fondata nel 1926 a Roma dal regime fascista).
1936
Riconosciuto ormai come dantista a livello nazionale, ricoprì la prestigiosa carica di vicepresidente della Società Dantesca Italiana.
1937
Degna conclusione della sua lunga e proficua carriera accademica, gli venne conferita la carica di Professore emerito (titolo conferito dal Ministro, su proposta della Facoltà, ai professori universitari di ruolo al momento del pensionamento) dell'Istituto superiore di Magistero di Firenze.
Licenziò il volume XX dei suoi «Studi danteschi», concludendone la serie.
1939
Ormai prossima la conclusione della sua vita, ebbe l'onore di essere insignito del titolo di Senatore del Regno.
Pubblicò il compendio dei suoi studi sulla poesia popolare Poesia popolare italiana. Studi e proposte, realizzato con un organico lavoro di recensione, così da essere ancora oggi uno dei migliori avviamenti alla materia.
1941
Uscirono il secondo volume dei Problemi di critica dantesca (II serie. 1920-1937) e altri articoli sullo stesso tema, confluiti nella pubblicazione Con Dante e i suoi interpreti.
Ricevette la medaglia d'oro dei Benemeriti del Ministero dell'Educazione Nazionale.
Gli ultimi anni della vita di B. furono dedicati, oltre che al proseguimento degli studi danteschi, agli studi manzoniani. I primi si conclusero con la pubblicazione de I problemi fondamentali per un nuovo commento alla Divina Commedia; per il secondo versante B. collaborò al Centro di studi manzoniani e alla rivista «Annali manzoniani».
Parco nella vita, ma generoso con gli amici, schivo d'onori, ma non di polemiche (restano celebri le sue schermaglie, tese tutte all'accertamento del vero, con Croce e Pietrobono), amico di grandi come Carducci e Pascoli, si circondò sul finire della vita di amici e di giovani studiosi che proseguissero e completassero la sua opera nei molteplici settori di attività. Il B. resta una delle figure più rappresentative della generazione formata alla scuola dei grandi maestri del metodo storico, che seppe aprire nuove vie agli studi filologici ed indicare la strada alle future generazioni.
Si spense a Firenze il 23 settembre.
1942
Pervenne alla Biblioteca della Scuola Normale di Pisa per legato testamentario il fondo librario appartenuto al B., insieme all'archivio privato (carteggio, materiali manoscritti, estratti, opuscoli, ritagli di giornale) del quale fa parte la ricca collezione di canti.
Numerose le opere di B. pubblicate postume.