Campeda

Ultima modifica 7 maggio 2021

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Campeda

di Piero Balletti
in "Storie della Sambuca" 2001

Centro della Sambuca situato nella valle del Reno, poco distante da Molino del Pallone, ed abitato prevalentemente nella stagione estiva. Il paese è composto da due frazioni: a tramontana Campeda nuova (m 637) in cui si trova la chiesa dei Ss. Giuseppe e Ignazio; a mezzogiorno ed a quota più elevata Campeda vecchia. È collegato a Molino del Pallone da una stretta strada carrozzabile normalmente percorribile solo a senso unico alternato: talora la sua agibilità è resa difficoltosa o impossibile per la presenza di fenomeni franosi.

Nei dintorni del paese troviamo boschi misti con prevalenza di querce, castagno selvatico (salvàno), càrpino, orniello. I castagneti che in passato costituivano la principale risorsa per la produzione di cibo (castagne e farina di castagne) non sono più coltivati.

Le prime citazioni di Campeda sono del XVII secolo, ma probabilmente essa risale ad un periodo assai più antico; il vicino villaggio di Pidércoli, poche centinaia di metri a sud di Campeda vecchia, è invece citato (Pedercoli) nello Statuto della Sambuca del 1291. La chiesa, posta in Campeda nuova, nacque nel 1610 come oratorio dedicato a San Giuseppe. Dall'ampliamento di quest'ultimo derivò l'attuale chiesa dedicata ai SS. Giuseppe ed Ignazio, che fu eretta a parrocchia dal vescovo Scipione de' Ricci il 2 ottobre 1785. La chiesa attualmente è in stato di semiabbandono ed è molto raramente officiata. Il prima citato Pidércoli, posto a quota 751, si trova lungo la una strada mulattiera che da Campeda vecchia sale a Casa Bocchi e Pòsola. A nord di Campeda nuova si trova il Molinaccio: sono i ruderi di un antico mulino posto sulla sponda di destra della Forra di Campeda e lungo la mulattiera che conduce a Pàvana. Tuttora è visibile una cavità sotterranea a cui si accede da un'apertura sostenuta da un arco in pietra e dalla quale usciva l'acqua dopo aver fatto girare le macine del mulino. Si ricorda che tale vano era utilizzato dagli abitanti di Campeda come rifugio di emergenza nell'ultima guerra, durante i bombardamenti alleati che avevano come obiettivo la ferrovia Porrettana e la stazione di Molino del Pallone. Una fontana con pozzo lavatoio ricoperta da una rustica tettoia si trova presso Campeda nuova: era probabilmente il centro di ritrovo del villaggio a cui ci si approvvigionava per gli usi domestici, si lavavano i panni, si abbeveravano gli animali, si chiacchierava e si stava in compagnia... Una struttura analoga, ricca di ottima e purissima acqua si ha a Campeda vecchia, al centro di un castagneto.
Da Campeda nuova scende verso il Reno un'antica mulattiera, ora raramente utilizzata ma ancora facilmente percorribile: essa attraversa con un guado il fiume, passa accanto alle rovine del Mulino del Diavolo e risale poi il versante opposto, inserendosi nella Traversa di Pracchia. Ladino Bettini di Pidércoli (classe 1906) ricorda che il mulino era di proprietà di Nanni Vivarelli detto «Diavolo» ed originario di Campeda. Secondo il Bettini il nomignolo di «Diàvolo» gli fu dato perché «non se la diceva con quelli del paese, era un po' noioso»: come dire che forse il mugnaio non era molto popolare fra i suoi compaesani. Prima della Grande guerra il Vivarelli «Diavolo», a causa di debiti, dovette cedere il mulino. L'antico opificio cessò definitivamente l'attività in conseguenza della costruzione (nel 1930 ) della diga sul Reno a valle di Molino del Pallone.

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