Francesco Guccini
Uno di noi...
di Mauro Picchioni e Edgardo Ferrari
Lo vediamo spesso in giro per Porretta o a Pavana da "Ugo", e per molti è comunque,sempre,una piccola emozione.
Sicuramente lo è per noi che conserviamo il ricordo di tanti concerti, tra cui un paio in quel di Pavana, "location" un po' alla buona, con un fiasco di vino ai piedi. Serate straordinarie e un evento che si ricorda con particolare nostalgia: era il 1979 e al "club 77" di Pavana, Guccini e i "Nomadi", con il mai dimenticato Augusto Daolio, provavano la registrazione di "Album concerto", che poi avrebbero inciso al "Kiwi" di Piumazzo.
Siamo abituati un po' tutti qui a considerare Francesco Guccini uno di noi, ma cosa sappiamo davvero di lui?
Proviamo a ricostruire i tratti salienti di questa straordinaria carriera artistica e intellettuale:
Francesco nasce il 14 giugno 1940 a Modena nella semicentrale (oggi) Via Cucchiari 22, ma i suoi primi anni li trascorre a Pavana con la nonna paterna Maria Fornaciari e con il nonno paterno Francesco detto "Chiccone" (proprietario dell'omonimo mulino ricordato anche nelle "Croniche Epafaniche").
A cinque anni torna a Modena dove studia fino alle scuole superiori e si diploma maestro (da qui il soprannome di "maestrone" dovuto alla sua robusta corporatura e all'alta statura). Per un paio d'anni lavora come reporter alla "Gazzetta dell'Emilia" di Modena e quindi, nel 1961, si trasferì con la famiglia a Bologna dove andrà ad abitare nella ormai famosa via Paolo Fabbri 43.
Dopo aver espletato il servizio militare di leva, Francesco si iscrisse alla Facoltà di Magistero. Successivamente terrà per parecchi anni (fino al 1985) un corso di lingua italiana riservato agli studenti americani del Dickinson College di Bologna.
Comincia a suonare giovanissimo, prima l'armonica e poi la chitarra: tra il 1957 e il 1960 suona e canta con gli "Hurricanes", che si esibiscono nelle sale da ballo e nei teatri parrocchiali. Successivamente questo gruppo muterà denominazione prima in "Snakers" e quindi in "Gatti". Il loro repertorio spazia nell'ambito dei classici del "rock", ma già Francesco comincia a proporre le sue prime creazioni. Una parte dei "Gatti" confluisce poi nella "Equipe 84".
La prima canzone di Guccini è "l'Antisociale" del 1961, che racconta il distacco da una cultura sentita ormai vecchia e inadeguata. Sono gli anni che vedono iniziare ad emergere fra i giovani una nuova sensibilità politica e culturale: nel 1964 è la volta di "Auschwitz" (la canzone del bambino nel vento), che due anni dopo verrà portata al successo dalla "Equipe 84". E' in quegli anni che nasce la collaborazione con i "Nomadi", fondati nel 1963 da Beppe Carletti e Augusto Daolio, e vedono la luce "Noi non ci saremo" e "Dio è morto" del 1966 oltre a "Per fare un uomo" del 1967 (canzoni che si scagliano contro i falsi miti, i finti dei e la corruzione).
Nel 1968 esce il primo "45 giri" inciso da lui: "Un altro giorno è andato". E' dello stesso anno il contratto con la EMI e l'uscita del suo primo album "Folk Beat N.1", eseguito con l'accompagnamento di chitarra e armonica a bocca.
Nel 1970 è la volta del secondo album, "Due anni dopo" ("Vedi cara" e "Primavera di Praga" che, con spirito critico, racconta la ribellione impotente della città all'invasione sovietica ). Il terzo album, "L'isola non trovata", è dello stesso anno e si incentra sulla ricerca di un luogo ideale dove sia possibile costruire un mondo diverso; dell'album fa parte anche "Il frate", primo di una serie di suoi personaggi.
In "Radici" (1972) compaiono il tema del sogno anarchico nella lunga ballata "La locomotiva", la favola ecologica ne "Il vecchio e il bambino", la vacuità dello scorrere del tempo nella "Canzone dei dodici mesi" e un ritratto della vita di provincia nella "Piccola città". Questi brani fanno di questo disco uno dei capolavori degli anni Settanta e consacrano Guccini quale cantore del malessere generazionale di quegli anni.
Nel 1973 appare "Opera buffa", raccolta di scherzi musicali in puro stile da cabaret ( ricordiamo "Il bello" e "La genesi" ). Nel 1974 esce "Stanze di vita quotidiana" (con "Canzone delle osterie di fuori porta" ), mentre nel 1975 arriva "Via Paolo Fabbri 43" (effettivo indirizzo bolognese di Francesco), uno degli album più venduti della sua carriera, trainato in particolare dal brano "L'avvelenata", una lunga invettiva autobiografica contro l'ipocrisia dell'ambiente musicale.
Nel 1978 arrivò la pubblicazione di "Amerigo", dedicato a un suo zio che emigrò negli Stati Uniti d'America, e qui spicca "Eskimo", racconto della sconfitta di una speranza generazionale. Con l'evento di Roma dell'ottobre 1979 (35.000 spettatori) inizia la stagione dei grandi concerti, anche se Guccini non trascurerà i piccoli spazi, ottimali per un rapporto più diretto con il suo pubblico.
Nel 1979 esce "Album concerto" registrato con i Nomadi al Kiwi di Piumazzo dopo una serata di prove al Club 77 di Pavana.
Seguono "Metropolis" (1981), "Guccini" (1983), il doppio live "Fra la Via Emilia e il West" (1984) e "Signora Bovary" (1987), che contiene "Culodritto" e "Van Loon", dedicate rispettivamente alla figlia Teresa e al padre. Dopo il live "Quasi come Dumas" (1988) che ripropone i suoi brani più noti degli anni sessanta, Francesco apre un nuovo capitolo: con "Cròniche epafaniche" (Feltrinelli,1989) inizia a cimentarsi anche come scrittore.
Dopo le "Croniche epafaniche" che è ambientato a Pavana nel 1993 verrà "Vacca d'un cane" che è invece ambientato a Modena.
Chiude il ciclo di questi romanzi autobiografici "Cittanova blues", ambientato a Bologna negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, che viene pubblicato da Mondadori nel 2003.
Francesco negli anni Novanta si sentirà ispirato anche dal genere poliziesco e "noir" e inizierà anche un nuovo sodalizio letterario con il "giallista" Loriano Macchiavelli. Il primo frutto di questa collaborazione sarà "Macaroni" del 1998, mentre l'ultimo, di quest'anno 2007, è "Tango".
Tornando alla discografia,nel 1990 esce "Quello che non...", mentre nel 1993 sarà la volta di "Parnassius Guccini" che contiene anche una canzone dedicata a Silvia Baraldini intitolata "Canzone per Silvia".
Nel 1996 esce l'album intitolato "D'amore di morte e di altre sciocchezze" con "Quattro stracci" e la bellissima ballata "Cirano", mentre nel 1998 viene pubblicata la raccolta "Guccini live collection".
Nel 2000 uscì un album ("Stagioni") che conteneva anche una canzone scritta insieme a Ligabue ("Ho ancora la forza").
La vena artistica di Francesco non si attenua e dopo il "Guccini live" del 2001 è la volta di "Ritratti" del 2004 e dei più recenti "Anfiteatro live" del 2005 e "The platinum collection" del 2006.
Ora sembra che stia lavorando a un nuovo album che comprenderà anche una canzone dedicata a Pavana.
Francesco ha avuto anche alcune esperienze in veste di attore in "Ti amo in tutte le lingue del mondo" del 2005 e in "Dove la bellezza non si annoia mai" del 2006. Tuttavia la sua interpretazione più interessante la esprime nel film di Ligabue "Radiofreccia" del 1998 dove interpreta un antipatico barista che dietro al banco si muove come il compianto Moreno Rafanelli di Silla (uno dei suoi amici del cuore).
Da alcuni anni vive quasi stabilmente a Pavana, sia per ragioni pratiche (la sua compagna insegna nella vicina Porretta Terme), sia per ragioni affettive (non si "ritrova" più nella Bologna cosmopolita del nuovo Millennio, mentre Pavana è sempre per lui un ottimo "rifugio").
Una persona di qui
di Francesco Martini - in "Storie della Sambuca" 2001
Francesco Guccini: troppo noto il personaggio, troppo importante per i molteplici significati che ha saputo cantare in trent'anni di attività artistica. Eppure proprio Guccini ha voluto fare di Sambuca (pardòn: di Pàvana) l'ombelico del mondo quando, con Cròniche Epifàniche ha raccontato la sua infanzia su questo lembo del nostro territorio e la Limentra (poco più di un torrente: attenzione, però è ricco di pesci) è diventata il Fiume (sì, proprio con la effe maiuscola) più grande del Nilo e gli uomini e le donne, che - un po' invecchiati - ancora girano oggi per Pàvana, lui li ha trasformati in protagonisti epici di una recitazione primordiale, quella della vita individuale e collettiva nel suo primitivo nascere e svilupparsi. E allora parliamo anche noi di Francesco (a Pàvana basta dire Francesco e ci si capisce subito) di questo genius loci che torna sempre, ma proprio sempre, magari per pochi giorni l'anno, a Pàvana come a riposarsi (vecchio leone, ma quanta energia hai) e a ricercare in un paesaggio noto, nella parlata e nei sapori montanini, la vena profonda di quella ispirazione poetica che gli ha fatto scrivere e comporre canzoni sulle quali si è formata una generazione e che gli ha dato anche la spinta per produrre libri, studi di linguistica e quant'altro e chi sa dove ancora andrà domani ad indirizzare la zampata della sua vitale riflessione. Parliamone con un po' di immodestia, per dire che, se anche, le nostre montagne non sono le Dolomiti e le nostre frazioni non hanno i negozi con le vetrine scintillanti, ebbene noi abbiamo Francesco che tutte queste cose importanti (e anche di più, molto di più) ha saputo vedere nell'orizzonte di Pàvana e nei pavanesi e raccontarle poeticamente e cantarle. Dopo questa affermazione di orgoglio, aggiustiamo pure il tiro. Francesco Guccini in realtà è un cosmopolita (per cultura, esperienze, curiosità alle cose ) e questo è un dato. Ma è pur vero che qualcosa di essenziale ci deve essere in questo lembo di territorio montuoso se di qui è partita quella ricerca infinita e quella produzione copiosa che poi qui ciclicamente ritorna a ispirarsi, quasi a rigenerarsi, quasi a recuperare una perduta, lontana innocenza. E allora, anche se di Guccini si è detto e scritto molto, e non è facile aggiungere qualcosa che non sia banale, diciamo pure che Guccini è nostro, è di Pàvana e se qualche turista - venendo a visitarci - non lo vede caracollare per le vie di Sambuca (perché in realtà rimane con noi solo pochi giorni l'anno) potrà allora riconoscerlo, barbuto e imponente, nell'affresco di Paolo Maiani sotto Le Logge a Pàvana.
... la notorietà arriva con "Radici" del 1972, album che contiene "la locomotiva", pezzo celeberrimo, inno alla lotta di classe ed all'anarchia.
Il cantautore Guccini esprime nei suoi diversi pezzi, prodotti in tanti anni di lavoro, tutta la sua personalità, le sue convinzioni, le sue emozioni: la politica, la rabbia, la poesia, l'intimità, la goliardia, il cantastorie.
E' un personaggio istrionico che trasforma ogni suo concerto in una serata indimenticabile ed irripetibile, capace di dialogare con il pubblico, di fermarsi, di precisare, di ironizzare.
Ha vinto il "Premio Librex Guggenheim Eugenio Montale" per la sezione "Versi e musica", il "Mandolino Genovese 2000" e diverse edizioni del "Premio Tenco".
Ha sceneggiato fumetti, ha partecipato a diversi film, ha scritto colonne sonore, ma soprattutto ha scritto numerosi libri, fra i quali: "Un disco dei Platters" / Mondadori-2000; "Macaroni : romanzo di santi e delinquenti" / Mondadori- 1997 (con L.Macchiavelli); "Storie d'inverno" / A. Mondadori, 1996; "La legge del bar e altre comiche" / Comix, 1996; "Le parole del mugnaio a Pavana e nelle montagne fra Bologna e Pistoia" 1995; "Vacca d'un cane" / Feltrinelli- 1995; "Al fataz di zarden Margaretta : la Flevia" / Arti grafiche Tamari, 1992 /con G. Menarini); "Croniche epafaniche" / Feltrinelli-1990; Vita e morte del brigante Bobini detto "Gnicche" / Lato side, 1980; "Dizionario del dialetto di Pavana. Una comunità fra pistoiese e bolognese"/ Ed. Nuèter, 1998.
DALLE UNIVERSITÀ DI BOLOGNA E DI MODENA E REGGIO EMILIA
Doppia laurea «honoris causa» per Guccini, cantastorie e letterato
Articolo pubblicato da "Il Mattino On Line" di Martedì 22 ottobre 2002
Reggio Emilia. «Lectio doctoralis» sul dialetto della sua Pavana per Francesco Guccini (nella foto), che ieri mattina ha ricevuto la laurea honoris causa in Scienze della Formazione da ben due università, l'Alma Mater Studiorum di Bologna e l'ateneo di Modena e Reggio Emilia per le sue «multiformi capacità espressive», non solo di cantautore che ha saputo parlare a tante generazioni, ma anche di romanziere e linguista. «Il cantastorie della protesta, della rabbia, dei disincanti e delle rime che danno identità al pianeta giovani», come lo ha definito il preside della facoltà di Scienze della Formazione di Bologna, Franco Fabbroni, ha dedicato la sua prima lezione da dottore al dialetto del piccolo paese sull'Appennino tosco-emiliano, in provincia di Pistoia, dov'è cresciuto e dove ormai vive la maggior parte dell'anno.
A 62 anni, di cui 40 dedicati a una carriera costellata di successi, Guccini ha ricevuto la sua prima laurea dalle mani dei rettori Calzolari e Pellacani nel corso di una cerimonia che si è svolta nel teatro Cavallerizza di Reggio Emilia. Laurea a cui Guccini, ex studente di Magistero, non era riuscito ad arrivare da giovane, quando gli mancava solo la tesi: «Decisi finalmente di discuterla, ma rinunciai perché avrei dovuto pagare 10 milioni di tasse arretrate», ha raccontato davanti al corpo accademico schierato. Il rettore dell'ateneo bolognese, Calzolari, ha sottolineato il «culto della parola» dimostrato da Guccini anche attraverso le sue canzoni come «Libera nos, domine».