Itinerario della Pietra
Ecomuseo della Montagna Pistoiese
ITINERARIO DELLA PIETRA
Comune di Sambuca Pistoiese
da "L'Ecomuseo"
di Manuela Geri
in "Le Valli della Sambuca", 1999
Il progetto iniziale è costituito da cinque itinerari tematici e altrettanti punti museali, attraverso i quali fornire una chiave di lettura complessiva di un territorio culturalmente omogeneo come la Montagna pistoiese, permettendo al visitatore di capire come si sia sviluppato nei secoli il rapporto tra uomo e ambiente (da cui l'uso del termine eco-museo):
come l'uomo abbia dovuto adattarsi al clima, alle condizioni materiali, alle risorse locali, e come nel contempo sia riuscito a far tesoro delle poche risorse energetiche (acqua, legna, freddo) fino a trasformare a proprio vantaggio l'ambiente montano, modificandolo con interventi e comportamenti che hanno lasciato testimonianze tuttora ben identificabili sul territorio.
I temi che l'Ecomuseo ha ritenuto significativi al riguardo sono collegati ciascuno ad un itinerario, graficamente identificato con un colore guida, e ad una struttura che ospita la parte documentaria, espositiva e/o didattica dell'argomento. In particolare sono stati attivati:
- L'itinerario azzurro. Documenta la produzione del ghiaccio naturale nell'alta Valle del Reno, sviluppatasi a livelli protoindustriali tra la metà del '700 e i primi decenni del '900; il percorso pedonale è fruibile dal parcheggio delle Piastre lungo le sponde del fiume, fino alla Ghiacciaia della Madonnina (circa 500 metri), dove è visibile tutto il comparto produttivo, restaurato e di nuovo funzionante, mentre il polo didattico sulla lavorazione del ghiaccio è situato a Pracchia, presso la ex scuola media.
- L'itinerario rosso. Si propone di far conoscere le ferriere che fin dal XV secolo lavoravano per conto della Magona granducale il minerale ferroso proveniente dall'Elba, trasformandolo in semilavorati grazie alla presenza di acque e boschi, rispettivamente forza motrice e combustibile, disponibili in gran quantità nel territorio montano di Pistoia. Dell'insieme del ferro fanno parte la Ferriera Sabatini di Pracchia, nata nel 1543, che conserva ancora macchinari e strumenti mossi ad acqua, e il Punto Informativo di Pontepetri, dove è ospitata la sezione espositiva e didattica.
- L'itinerario viola. Testimonia della religiosità diffusa presso le popolazioni della Montagna pistoiese, che è emersa durante l'acquisizione e la raccolta di oggetti e parati per le celebrazioni liturgiche, ora esposti nel Museo diocesano d'Arte sacra a Popiglio. Si tratta di un museo particolarmente ricco di opere pregevoli, quali polittici trecenteschi, sculture lignee del '4-500, argenti romani di epoca barocca. Accanto alla religiosità ufficiale l'Ecomuseo documenta anche gli aspetti meno ufficiali, legati alle magie ed alle superstizioni, alle paure che ancora popolano i luoghi e i racconti della popolazione.
- L'itinerario giallo. Documenta la vita quotidiana di un paese di montagna, nel rapporto costante con le poche risorse economiche: il bosco, la pastorizia, l'artigianato locale. Il polo espositivo è a Rivoreta, dove il Museo della Gente dell'Appennino pistoiese espone oggetti e strumenti sulla base di una scelta museografica del tutto innovativa, dalla quale il visitatore è sollecitato a partecipare attivamente, con gli occhi e con le mani, attraverso prove e giochi che mettono a confronto la sua esperienza con il vissuto della gente di montagna. All'esterno del museo altri manufatti legati alla cultura agro-silvo-pastorale completano l'itinerario giallo.
- L'itinerario verde. È collocato nell'Orto botanico forestale di Fontana Vaccaia (Abetone) ed ha il suo polo didattico nell'attigua struttura del Corpo Forestale dello Stato, con un piccolo laboratorio attrezzato per il lavoro delle scolaresche. Nell'Orto si conservano le specie endemiche della Montagna pistoiese, e quelle importate e diffuse dall'uomo nel corso dei secoli; anche in questo caso l'interazione tra uomo e territorio ha prodotto un ambiente che solo ad uno sguardo frettoloso può sembrare naturale, perché ricco di boschi e di verde.
Ai cinque itinerari sopra descritti se ne è aggiunto poi un sesto, che fa riferimento al Comune di Sambuca pistoiese: è l'itinerario grigio, colore della pietra, che conclude (ad oggi) questo sistema museale. Il territorio della Sambuca si caratterizza, infatti, per un frequente uso della pietra arenaria come materiale da costruzione, impiegato nei secoli per le varie funzioni di architettura civile e militare: dalle semplici strutture di ricovero per gli animali (ovili e porcili), ai manufatti per le attività di trasformazione dei prodotti del bosco (seccatoi di castagne, molini ad acqua), alle strade, alle strutture difensive (le torri e le cinte murarie).
L'Itinerario della Pietra
di Piero Balletti
in "Le Valli della Sambuca", 1999
Le antiche abitazioni erano ricoveri, veri tuguri, costruiti con pareti di legno e paglia la cui copertura era talora di piastre levigate, de plagnis. Tali tuguri erano costruiti da lavoratori del luogo, sprovvisti di nozioni tecniche. I pochi ricchi che desideravano case ben fatte ricorrevano ai muratori di città, la cui opera era richiesta anche per costruire chiese, monasteri, ospedali, e strutture di difesa quali castelli e torri. Queste maestranze sono comunemente note come maestri comacini e sono così chiamati perché provenivano dalla Lombardia e da Como in particolare. Riuniti in corporazioni fin dagli ultimi anni dell'Impero romano, citati nell'Editto di Rotari, godettero di grande stima sia come muratori sia come architetti. Si cimentarono anche nella pittura, scultura e lavorazione del legno. Secondo Arturo Palmieri (I Maestri comacini nell'antico Appennino Bolognese in La Montagna bolognese nel Medioevo) i comacini giunsero nell'Appennino emiliano dalla vicina Toscana: «Orbene io penso che... i maestri comacini immigrassero nell'Appennino bolognese.., dalla vicina Toscana, una delle regioni d'Italia, nella quale quei lavoratori lasciarono più vasta traccia dell'opera loro e più durevole ricordo di sé». A Sambuca, terra di confine, senza dubbio i maestri comacini transitarono e lavorarono, qualcuno di essi si fermò e qui lasciò tracce durevoli del suo talento e della sua abilità tecnica. E certo da loro i nostri lontani antenati appresero l'arte di cavare, lavorare, utilizzare, murare la pietra. Generazioni di scalpellini si susseguirono nel territorio di Sambuca. Fino a pochi decenni fa la loro opera si è esercitata sul materiale presente in loco, un'arenaria compatta, facilmente raggiungibile in superficie, particolarmente ove essa affiora, come ad esempio in dirupi o fossi. Tali affioramenti furono trasformati in cave, da cui l'arenaria veniva estratta con mazze e picconi, a forza di braccia. Il materiale veniva sgrezzato presso la cava con punte e mazzuoli, e da qui portato al luogo di utilizzo sulle spalle o nella migliore delle ipotesi sul dorso di animali da soma. La Sambuca era costellata di tante piccole cave, ora non più utilizzate: le più estese sono le Cave di Torri, che seguono una serie di strati suborizzontali affioranti in superficie ad una quota compresa fra gli 800 e gli 850 metri, a sud del paese sul versante sinistro della valle del Rio delle Lastre o Fosso di Meruggi, affluente della Limentra orientale. In esse si possono ancora scorgere, dopo alcuni decenni di abbandono, tracce della fatica dei cavatori: i fori scavati nella roccia per introdurvi la polvere delle mine; ruderi di baracche in pietra utilizzate dai cavatori come ricovero di emergenza o deposito di attrezzi; i ciclopici ammassi formati dal materiale roccioso di scarto. Tra tali ammassi è ancora visibile una vecchia carretta metallica, che peraltro la ruggine ha quasi completamente distrutto. Le Cave di Torri sono state utilizzate fino all'inizio degli anni Ottanta. Un'altra cava, più piccola ma di un certo interesse è la Cava dei Rovinacci, situata nel fosso di Camarcione che segnava il confine fra le parrocchie di Sambuca e di Pàvana. Benché appartenenti alla stessa formazione litologica del Macigno non tutte le arenarie sono uguali: ve ne è un tipo di colore biancastro, che è la più tenera, si lavora bene ma è geliva e tende a sfogliarsi; ve ne è un tipo sul grigio, di grana grossa, dura e resistente al tempo ed all'usura; la migliore e la più bella è però la pietra serena che dà sull'azzurro. La pietra era utilizzata per fare cornici alle finestre, stipiti, soglie ed architravi per le porte, travi per i camini delle abitazioni, cantonate di muri. Le abitazioni erano fatte esclusiva mente con materiale locale: pietra e legno. Dall'esterno proveniva soltanto il ferro, lavorato tuttavia dai fabbri locali, per gli infissi di porte e finestre. Conci, quindi pietre lavorate con più cura e più arte, erano richiesti per gli edifici più importanti, per le fontane, per i gradini delle scalinate. L'abilità degli scalpellini si esercitava anche nella lavorazione di trogoli o abbeveratoi per gli animali domestici e di lavelli per la casa: oggi tali oggetti sono ricercati e riutilizzati come rustici vasi da fiori. |
Gli architravi della porta di ingresso delle abitazioni costituivano la presentazione, il biglietto da visita del proprietario, che generalmente vi faceva incidere sopra la data e le iniziali del proprio nome. Essi portavano spesso ornamenti quali la tradizionale rosa a sei petali, la cosiddetta rosa comacina, o mammelle auguranti prosperità (negli edifici a carattere religioso troviamo croci di vario tipo o il monogramma di Cristo). In alcune località, ad esempio Torri, Pòsola, Lagacci, Caviana gli edifici sono 'firmati'. L'antico magister lapidum ha lasciato incisa sulla pietra l'impronta della mano. Su altre pietre invece ha lasciato, accanto alla data, il disegno degli attrezzi del mestiere: il martello, lo scalpello, la squadra. Se si osservano con attenzione i muri su cui il tempo ha lasciato una in confondibile pàtina, le pietre possono riservarci inaspettate emozioni: si possono infatti scoprire antichi volti, inquietanti figure scolpite nella pietra, che ci guardano. Sono talora volti sereni e sorridenti, ma più spesso deformi e atteggiati ad un ghigno sinistro. Se ne trovano a Pòsola, a Pàvana, a San Pellegrino e al Casalino, ben sette a Torri e alla Torraccia. Queste figure si ritiene avessero funzione apotropaica: esse erano ritenute capaci, per la loro presunta carica magica, di allontanare dalla casa gli influssi malefici provenienti da cose o persone.
Il territorio comunale è poi ricchissimo di edifici in pietra destinati alle attività rurali: casoni (seccatoi o canicci, numerosissimi e presenti soprattutto nei castagneti), capanne (ovili e fienili), casoncini (edifici in pietra murati a secco usati come ricovero temporaneo o per deposito di attrezzi), carbonili (edifici che servivano come deposito del carbone di legna prodotto nei boschi); ed ancora mulini, ferriere, gualchiere. Tutti questi edifici, costruiti in pietra, utilizzavano come materiale legante terra di castagneto ed erano ricoperti da lastre di arenaria. Avevano la caratteristica struttura a capanna: essendo per lo più a due piani, utilizzavano la morfologia del terreno, generalmente in pendenza più o meno forte, per cui l'ingresso al piano superiore avveniva dalla parte posteriore dell'edificio. Le varie tipologie di questi edifici sono state descritte da Bill Homes nelle pagine di questa guida. Lo stesso Bill Homes nelle due splendide opere La valle della Limentrella. Tre comunità della montagna pistoiese: Campaldaio, Poggiolino, Castiglioni, (1995) e Le pietre dell'alta Limentra orientale, (1996), ha descritto ed illustrato, con i suoi acquerelli, gli edifici di due delle tre valli della Sambuca. È da aggiungere che questo patrimonio di grande rilevanza storica e culturale sta lentamente scomparendo. L'intervento dell'Ecomuseo nella terra di Sambuca potrebbe essere una straordinaria opportunità per recuperare alcuni di questi edifici, quelli meglio conservati e più significativi, per tener vive almeno alcune di queste testimonianze di una civiltà contadina e montanara ormai scomparsa. In tutto il territorio comunale si possono evidenziare testimonianze della lavorazione e dell'utilizzo della pietra: nell'ambito dell'Ecomuseo sono stati individuati tre itinerari che qui sinteticamente vengono descritti. Ciascun itinerario per essere percorso richiede diverse ore: può essere suddiviso in tappe più brevi utilizzando eventualmente un mezzo di locomozione proprio. Sono rivolti soprattuto ai ragazzi delle scuole elementari e medie, cui l'Ecomuseo offre la possibilità di essere accompagnati da esperte guide. |
|
tinerario 1 Pàvana-Sambuca-Casa Bettini-Pàvana
Nella prima parte coincide con il Percorso didattico La Via Francesca della Sambuca nel tratto fra Pàvana ed il Castello di Sambuca. Alla Sambuca di grande interesse e suggestione sono l'antico borgo medievale, la chiesa di San Jacopo ed i resti, ancora imponenti, delle mura e della rocca. Una splendida strada selciata collega Sambuca con Casa Bettini: vi si incontrano una antica struttura rurale chiamata Mulinaccio, e il suggestivo, isolato borgo di Casa Sedoni, arricchito da una caratteristica fonte con pozzo lavatoio. Casa Bettini, piccolo agglomerato di edifici che si distribuiscono intorno ad una grande aia, sorge in posizione panoramica. Sulla strada selciata proveniente da Sambuca si possono ammirare, nei pressi del paesino, una bella fonte in pietra con pozzo lavatoio. L'ultimo tratto dell'itinerario è costituito da un piacevole sentiero attraverso i castagneti, che da Casa Bettini conduce a Pàvana. E a Pàvana due edifici in pietra offrono scampoli di storia relativa non solo al territorio. Sono la Dogana Granducale (1846) e Le Logge (1849), queste ultime recentemente affrescate da Paolo Maiani. Di epoca più vicina a noi la Casa del Paiaro, al secolo Aldo Nativi, abilissimo scalpellino attivo nel periodo fra le due guerre mondiali, e l'edificio che ospita la scuola media, le cui pietre sono state lavorate dallo scalpellino pavanese Bruno Bonaiuti.
Itinerario 2 La Torraccia-Torri-Cave di Torri
La Torraccia è un antico borgo circondato da castagneto plurisecolare in cui sorge l'oratorio di San Martino recentemente restaurato; in paese vi sono ben sette figure apotropaiche, peraltro è difficile rintracciarle tutte in quanto ben mimetizzate. Caratteristiche di Torri, ricordata la prima volta in un documento del 982, sono le strette strade selciate, le piazzette lastricate e gli edifici in pietra con la loro grande suggestione. Dallo sperone roccioso su cui sorge la chiesa dedicata a Santa Maria Assunta si possono distinguere a valle alcuni ridenti borghi: la Ciliegia, nota per le numerose architravi scolpite, i Pigoni con il Mulinaccio e Casa Antonio con i ruderi del Mulino de' Menici. Di grande interesse risulterà infine una visita alle Cave di Torri che si estendono a sud del paese, su un fronte di alcune centinaia di metri.
Itinerario 3 Treppio e la Valle della Limentrella
Visita a Treppio (chiesa di San Michele Arcangelo, Villa Gargallo) ed alle sue borgate: Collina, Castello, La Vandaia, Le Selve, Docciola con le strutture del mulino ad acqua. Nel fondovalle, a Casa Nuova, si possono ammirare un ponte in pietra ad arco ed una verginina con fonte. Casa Giomi propone edifici in pietra ben conservati, in particolare una piazzetta lastricata circondata da antichi edifici; Campaldaio, caratteristici edifici a quattro piani, peculiare aspetto di architettura montana. A Poggiolino troviamo il Mulino della Casina e capanne in pietra e legno. Oltre Castiglioni un carbonile sorge in località Tortello; mentre al Piano si innalza una problematica struttura: un muraglione costruito con la tecnica a sacco, rilevato sul terreno circostante di un metro e più, largo 3-4 metri ed esteso per alcune centinaia di metri.
Nella scuola media di Pàvana è allestito il Polo didattico della pietra
Visite su prenotazione: |
Allegati da scaricare:
-
Ecomuseo della Montagna Pistoiese
ITINERARIO DELLA PIETRAL'insediamento medievale dell'Acquerino
(scarica il pieghevole in formato PDF)