Pieve dei SS. Giacomo, Cristoforo e Bartolomeo

Ultima modifica 27 settembre 2023

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La Pieve a tre navate, intitolata ai Santi Cristoforo e Jacopo, frutto di radicali lavori di rifacimento ed ampliamento condotti a partire dalla fine del '600, racchiude arredi ed opere d'arte di pregio sotto il tetto sostenuto da capriate di legno vivacemente decorate. Gli altari, dalle linee sobrie ed eleganti, furono costruiti in pietra serena dal 1709 al 1762, anno al quale risale l'altare maggiore, che presenta ai lati due volute ripetute nei sostegni della mensa. Dietro di esso spicca una grande tela raffigurante una Crocefissione e santi risalente al XVII secolo.

Altare maggiore costruito in pietra serena nell’anno 1762; presenta ai lati due volute ripetute nei sostegni della mensa Sugli altari della navata di sinistra altri due dipinti del '600: i SS. Silvestro papa, Rocco e Sebastiano e S. Giovanni Battista e astanti.
Interessante una cornice settecentesca, in legno dorato e laccato, con i simboli della passione di Cristo rappresentati secondo i canoni dell'iconografia popolare, a contornare un crocifisso collocato su fondo stellato. Sempre nella navata destra, sopra il primo altare, è posta la tela più pregevole della chiesa: il Compianto sul Cristo morto che il recente restauro ha consentito di attribuire al pittore pistoiese Pietro Marchesini (1692-1757).

 

Egli l'avrebbe dipinto negli anni 1722-23 copiando e rielaborando la parte superiore della pala che Guido Reni realizzò nel 1616 per la chiesa dei Mendicanti di Bologna. Ma l'immagine della Madonna fra due angeli, in atteggiamento di preghiera di fronte al corpo di Cristo disteso in primo piano, è qui più serrata rispetto al modello originale. Le linee virtuali della composizione racchiudono entro un triangolo equilatero i personaggi principali e focalizzano l'attenzione dell'osservatore sul corpo cereo ed irrigidito dalla morte, al quale fa da contrappunto lo sguardo della madre rivolto al cielo. Compianto sul Cristo morto, di Pietro Marchesini (1692 - 1757)

Nella sacrestia uno stupendo mobile in legno di noce e di castagno, che porta incisa la data 1739, occupa un'intera parete. I lavori di restauro compiuti sulla chiesa e sui dipinti negli anni scorsi hanno restituito alla comunità sambucana il suo più prezioso monumento. L'accesso alla chiesa avviene attraverso un portale in pietra sotto al portico, costruito ai primi dell'Ottocento, dal quale si gode un bel panorama sulla valle.
Il campanile, eretto assieme alla "nuova" chiesa, diffonde attraverso le quattro bifore alla sua sommità il suono di tre campane: la più grande, collocata al centro della cella e dedicata a S.Jacopo, fu realizzata nel 1794 nella bottega di "Gio Batta Cari e fratelli" fonditori di Pistoia. Quella a nord, "Deo et 5. Antonio Patav. Dicata", è dovuta alla maestria del treppiese Sante Gualandi, che la realizzò nel 1816 nella sua fonderia di Prato, dove si era trasferito, e dove fuse due anni più tardi anche il campanone della Torre pendente di Pisa. La terza fu "rifusa a spese di diversi benefattori al tempo di Don Francesco Bartolozzi Pro Vicario Foraneo I A. D. MDCCCXXXVI I Terzo Rafanelli e figli fonditori in Pistoia".

di Nicola Giuntoli
in "Storie della Sambuca" 2001